Presentiamo di seguito il Manifesto del bosco dei Prati, redatto da un gruppo di esperti nel maggio 2018, su iniziativa del comitato Rigenerazione no Speculazione.
Il bosco dei Prati di Caprara: una infrastruttura verde spontanea a servizio dei cittadini di Bologna
A Bologna nella primavera 2017 si è cominciato a discutere di grandi trasformazioni territoriali (impropriamente fatte passare per azioni di Rigenerazione Urbana), legate ad un progetto di ristrutturazione dello stadio cittadino. Per trovare le risorse economiche necessarie si è ricorsi alle c.d. “Aree compensative”, sostanzialmente patrimoni pubblici da valorizzare dal punto di vista immobiliare. Tra queste era (ed è) compresa l’area dei Prati di Caprara, compendio ex militare di oltre 45 ettari, quasi tutto in abbandono da decenni. Sulla parte Est di questo territorio è sorta spontaneamente una formazione boschiva di grande valore dal punto di vista dei servizi ecosistemici che offre alla città. L’idea del Comune è di realizzare oltre mille alloggi e migliaia di metri quadrati di terziario e commercio, per un totale di 18,2 ha di superficie utile lorda e una scuola; tali scelte porteranno alla eliminazione di tutta la copertura forestale attualmente presente. La striscia di verde di nuova piantumazione prevista dal vigente Piano Operativo Comunale (POC) non è minimamente comparabile in termini compensativi rispetto all’ecosistema che verrà distrutto. Per fronteggiare tale drammatica situazione, è nato un comitato di cittadini che lotta per il mantenimento e la valorizzazione del bosco; per creare un’ipotesi progettuale alternativa, è stata prodotta un’esperienza di percorso partecipativo (chiamato “Parteciprati”) autonomo e autogestito che ha visto nel Bosco urbano e nel Parco le vocazioni progettuali dell’area.
Il presente “Manifesto” vuole essere un contributo scientifico, complementare ma indipendente rispetto agli esiti del percorso partecipativo, a supporto della conservazione e valorizzazione del bosco; i promotori del manifesto sono coloro che hanno costituito il comitato scientifico del processo partecipativo, nella consapevolezza che lo stesso sarà giorno dopo giorno sottoscritto e diffuso da parte della comunità scientifica e dalle molte associazioni che riconoscono quanto questa area sia fondamentale per garantire la salute di tutti i cittadini di Bologna.
Il Manifesto
Uno dei punti fondamentali nella politica dell’Unione Europea per il periodo di programmazione 2014-2020, in conformità al “7° Programma di Azione per l’Ambiente”, adottato con la Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1386/2013/UE, è quello di incrementare l’adattamento delle città al cambiamento climatico. In una prospettiva di più lungo termine, la sfida di fermare il consumo di suolo e di capitalizzare, in termini ambientali, lo spazio dedicato alla natura nella città gioca un ruolo essenziale (Science for Environment Policy 2016). Tutto ciò ha acquisito rilevanza particolare a seguito della pubblicazione di due Comunicazioni della Commissione Europea: la COM/2005/0718 “Strategia tematica sull’ambiente urbano” e la COM/2013/0249 “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa”, recepite in rapporti e delle linee guida nazionali (Chiesura 2010, ISPRA 2016). Come sottolineato anche dalla recentissima Strategia Nazionale per il Verde Urbano promossa dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la salubrità e la sostenibilità dell’ambiente e dei luoghi nei quali l’uomo abita passa quindi necessariamente attraverso la ridefinizione e la progettazione degli spazi urbani e periurbani non edificati.
Molti studi scientifici (Kowarik 2005, Lachmud 2013, Sitzia et al. 2015) ed esperienze europee e nazionali (Parco naturale di Südgelände a Berlino, area verde di Porto di Mare a Milano, Oasi naturalistica “La Piantata” a Modena) hanno contribuito a formare una nuova consapevolezza sui boschi selvatici nelle città spontaneamente insediatesi nelle aree abbandonate, in quanto a pieno titolo considerabili “infrastrutture verdi” complementari alle altre maggiormente “convenzionali” (es.: i Giardini Margherita a Bologna). Da sottolineare infatti come questi boschi, una volta resi accessibili al pubblico attraverso alcuni interventi puntuali di manutenzione e nuova progettazione, rappresentino un potenziale unico in termini di spazio verde pubblico fruibile dalla cittadinanza a costo manutentivo bassissimo. Non per altro si stanno moltiplicando i convegni e i workshop sul tema della valorizzazione della natura spontanea nelle aree abbandonate delle città: citiamo, solo a titolo di esempio, il recentissimo convegno tenutosi a Padova all’interno dell’iniziativa internazionale del City Nature Challenge 2018 e il convegno mondiale sulle foreste urbane che si terrà a Mantova a fine anno (https://www.wfuf2018.com/).
I servizi ecosistemici che questi boschi infatti offrono ai cittadini sono spesso maggiori di altre aree verdi (per le quali sono spesso necessarie spese manutentive non sostenibili), come riportato da Dinetti (2009); grazie infatti alla densità ed eterogeneità della struttura di questi boschi vi è un deciso incremento della funzione di miglioramento della qualità dell’aria e delle proprietà fisico-chimiche del suolo, di assorbimento di CO2, di mitigazione degli estremi termici e dell’effetto “isola di calore”, di assorbimento acustico, e di riduzione degli effetti delle precipitazioni estreme (World Resource Institute 2005, FAO 2016).
Relativamente ad esempio agli inquinanti atmosferici, la capacità di assorbimento di particolato (PM10) per concentrazioni come quelle presenti a Bologna è fra 50-100 Kg/ha (Tallis et al. 2011) che per gli oltre 40 ettari dei Prati di Caprara significa un assorbimento di 3000 kg di particolato, equivalenti e quelli emessi da auto che percorrono 75 milioni di km. Un calcolo analogo sugli NO2 (Song et al. 2016) porta all’assorbimento delle emissioni reali di 2,5 milioni di Km percorsi da auto diesel. Per quanto riguarda i cambiamenti climatici invece, la capacità di immagazzinare CO2 può essere stimata in 250 tonnellate (assorbita da alberi, sottobosco e suolo), equivalenti a quelli di 2,5 milioni di Km percorsi. Il disboscamento del Bosco porterebbe quindi non solo all’azzeramento della capacità assorbente ma anche alla riemissione di quanto accumulato negli ultimi 50 anni nella parte arborea e nel suolo. La quantità di carbonio presente nei primi 30 cm del suolo forestale fino a 110 ton per ettaro (APAT 2002) equivale infatti a quella emessa da 1 milione di km percorsi in autovettura. Quantità a cui vanno aggiunti quelle presenti nel sottobosco e negli alberi. Con l’attuazione del POC vanno anche considerate tutte le emissioni aggiuntive derivanti dai 4-6 milioni di spostamenti che ne deriverebbero. Questi effetti saranno concentrati in una zona ristretta che è già soggetta ad elevati valori di inquinamento, tra i peggiori di tutta la città di Bologna.
Si sottolinea infine come i boschi selvatici urbani diano poi un loro contributo unico anche dal punto di vista naturalistico, paesaggistico e “didattico”, in quanto portatori di una natura spontanea e selvatica (la cosiddetta urban wilderness) che consiste in una moltitudine di fiori, api, farfalle, uccelli e prodotti non legnosi (piccoli frutti, erbe officinali, miele) che per troppo tempo sono rimasti confinati all’esterno delle nostre città, impoverendo non solo il patrimonio biologico delle aree in cui viviamo ma anche il cittadino stesso e la consapevolezza di ciò che lo circonda. Ovviamente le dinamiche di colonizzazione delle piante sono spesso influenzate dai passati usi, dalla presenza di rifiuti e calcinacci, dalla concentrazione di inquinanti vari al suolo, o dalla disseminazione delle piante preesistenti. In ogni caso, in queste aree si forma un nuovo microclima, fatto di intervalli di luce, umidità, calore e vento differenti rispetto agli altri spazi della città. Le specie colonizzatrici esotiche (la robinia che forma il piano dominante del bosco dei prati di Caprara) sono talvolta le uniche, nella fase di prima colonizzazione, che possano in qualche modo insediarsi in questi ambienti alterati (sono considerate infatti specie “facilitatrici” in quanto creano le condizioni migliori per l’insediamento di altre specie); con il passare del tempo, lasciano però lo spazio gradualmente a specie di maggiore pregio ecologico e maggiormente tipiche degli ambienti forestali di pianura, oramai rarissimi. Sono state infatti osservati vari giovani individui di farnia (Quercus robur L.) e olmo (Ulmus minor Mill.) sotto la copertura delle chiome degli alberi presenti. Analoghe dinamiche riguardano tutta la componente di biodiversità animale (insetti, micromammiferi, uccelli). In questo senso, il progetto di realizzare ex novo un bosco lineare di ca. 20 ha lungo il confine nord-est del comparto urbanistico, così come previsto dal POC approvato, non considera minimamente tali dinamiche ecologiche e l’importanza della forma (oltre che della superficie) dell’area da destinare a bosco: studi scientifici ormai ampiamente utilizzati nella pianificazione ecologica (Forman 2005) dimostrano infatti come un’area lineare subisca un “effetto margine” (in termini di disturbo alla componente vegetale e animale) molto maggiore rispetto a forme compatte quale quella attuale del bosco di Caprara, non consentendo lo sviluppo di dinamiche ecologiche complesse quali quelle osservabili oggi né nel medio né nel lungo periodo.
La visione del bosco selvatico dei Prati di Caprara quale area di valorizzazione ecologica non è altro quindi che un allineamento verso il cammino tracciato dalle politiche europee e nazionali maggiormente lungimiranti, oltreché dalla comunità scientifica internazionale: tali contributi sottolineano infatti come il concetto di rigenerazione urbana (Gill et al. 2007, Roberts 2017) sia fortemente legato anche pratiche di assecondamento e gestione di servizi ecosistemici ottenibili da fenomeni spontanei di de-sigillazione del suolo ad opera (gratuita) della Natura.
Bologna, lì 31 maggio 2018
Il comitato scientifico del processo partecipativo “Parteciprati” dei Prati di Caprara, composto da:
Giovanni Trentanovi: dott. forestale e dottore di ricerca, si occupa di pianificazione e di ricerche riguardanti la biodiversità in ambienti urbani e rurali.
Francesco Luca Basile: professore associato presso il dipartimento di Chimica Industriale dell’ Università di Bologna, si occupa di processi sostenibili per la chimica e per l’energia e di Ambiente.
Federico Montanari: sociologo e semiologo, ricercatore e docente presso il Dip. di Comunicazione ed Economia, università di Modena e Reggio Emilia, si occupa di conflitti e di analisi degli spazi urbani.
Stefano Pezzoli: già funzionario dell’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna.
Alessandro Alessandrini: botanico esperto di flora e ambienti urbani
Paola Bonora: già docente di Geografia e già presidente del corso di laurea in Scienze Geografiche dell’Università di Bologna
Umberto Meletti: dottore in Chimica Industriale, specialista in materia di Bonifiche Ambientali ed Energia
Giuseppe Scandurra: antropologo, professore associato presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara
Alessandra Furlani: dottore agronomo, si occupa prevalentemente di valutazione e pianificazione territoriale
Gabriele Bollini: urbanista, docente a contratto presso il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, coordinatore della commissione scientifica di Parteciprati
Adesioni e sottoscrizioni
Italia Nostra, Sezione di Bologna
Legambiente Bologna
Arch. Pier Luigi Cervellati
“Boschi Urbani Selvatici”, Dip. TESAF, Università degli Studi di Padova